UN PO' DI STORIA...

 

Rappresenta il luogo intorno al quale, nel tempo, si è sviluppato il borgo di Carotto ed è un vero concentrato di opere d’arte e tesori artistici. Costruita inizialmente intorno al IX secolo (in una visita pastorale la si definisce antecedente al vescovo Leopardo, 913-917) su di un tempio pagano (come si evince da un documento dell’archivio parrocchiale del XV sec. che la definisce chiesa spaurita capitolare), secondo alcuni dedicato a Minerva, secondo altri comunque adibito a necropoli.

 

Nel 1886, durante il rifacimento della pavimentazione, fu rinvenuta un’urna funeraria romana di incerta datazione (probabilmente di età imperiale) con la scritta “diis manibus C.Volussi Isochrysi” (Agli Dei, per mano di Caio Volussio Isocriso) ed un bassorilievo con Gesù crocifisso e due figure ai piedi di epoca bizantina. Il nucleo originario della chiesa dovette corrispondere alla superficie occupata dall’attuale abside, dal campanile e dalla cappella Cota-Cafiero con apertura sul lato corto ad est e campanile a destra. La chiesa è stata nei secoli più volte ristrutturata. Anticamente la chiesa era praticamente attigua alla vicina chiesetta di S. Maria della Neveed a quella di S. Maria di Monserrato (poi divenute nel tempo S. Maria della Misericordia e SS Annunziata). Nel 1405 fu praticamente riedificata dopo che la chiesa del IX secolo era andata distrutta. Risalgono al 1422 ed al 1451, atti notarili che la menzionano. 

 

Nel XVI secolo (dal 1571 al 1575 allorché era vescovo mons. Brancaccio) sulle rovine del preesistente edificio religioso la chiesa venne allungata ubicata con un orientamento diverso. In realtà vi fu una sorta di fusione fra gli edifici della chiesa di Santa Maria della Neve, di Santa Maria di Monserrato e della piccola antica chiesa di San Michele. Nel 1451 la chiesa divenne parrocchia. 

Nel 1522 l’Università del Piano fu autorizzata a riunirsi della chiesa di San Michele. Nel 1559 i cittadini di Carotto si aggregano alle famiglie Massa, Maresca e Cacace che da sole, fino a quella data, nominavano i parroci e provvedevano alla manutenzione della chiesa. 

 

Nel 1688 un terremoto fece crollare il campanile, la cupola maggiore sulla crociera , parte delle navate e della facciata esterna e dunque altri lavori di ricostruzione e restauro furono completati nel 1726, anno in cui la chiesa fu riconsacrata dall’Arcivescovo di Sorrento Ludovico Agnello Anastasio. Ad essa è annessa una antica struttura conventuale che conserva una cappella ed il pavimento in cotto maiolicato dei primi dell’Ottocento. Proprio nel 1726 i fedeli di Carotto deliberarono in Parlamento di elevare la parrocchia a Collegiata, con sette canonici .

Nel 1914 la chiesa fu elevata a basilica pontificia da papa
 Benedetto XV, (furono così collocati lo stemma pontificio e la croce sul vertice del timpano). La facciata è barocca, con monumentale portale cinquecentesco su cui fa bella mostra un affresco raffigurante San Michele che scaccia Satana, emicolonne lesene e trabeazioni, ed è rialzata rispetto ala strada con una scala antistante in pietra. Il campanile risale al XVI secolo , anche se danneggiato nel terremoto del 1688, fu poi ricostruito. Ha pianta quadrata e tre ordini con orologio ed ultimo ordine a cella campanaria con monofore. 

 

L’interno è a tre navate, la pianta a croce latina, pregevole soffitto a cassettoni dorati in cui sono

inserite sette tele attribuite a Girolamo Imparato da alcuni studiosi, ed ai grandi  Francesco Solimena e  Paolo De Matteis da altri studiosi. Queste tele raccontano della vita di S. Michele, e comunque fra esse ve n’è una che reca la firma di R. De Crescenzo (S.Michele che appare in sogno al vescovo di Siponto) ed un’altra (l’apparizione del santo sul Gargano), dovrebbe essere del medesimo autore. Il soffitto finisce con la magnifica finta cupola realizzata nel 1729 dall’artista Francesco Saraceni con l’effigie di San Michele (meravigliosa opera di prospettive e finte colonne) sulla crociera (dove vi sono mattonelle maiolicate verdi e giallo oro), e tutta la struttura interna è ricca di stucchi, decori, operare marmoree ed opere d’arte di vario genere. La navata centrale prende luce da ampi finestroni alti. 

 

La pavimentazione con disegni ottagonali in marmo, sostituì nel 1886 la pavimentazione in riggiole del XVIII secolo. Il presbiterio presenta una balaustra in marmi policromi intarsiati e trafori, opera settecentesca di Giambattista Antonini che costò ben 2523 ducati, con quattro angeli che recano candele di marmo bianco di Carrara, la cui fattura è attribuita alla scuola di Gian Lorenzo Bernini. L’altare maggiore, sempre opera dell’Antonini, risale al 1705 e custodisce le reliquie dei santi Giocondino e Felice. Nel 1725 all’altare fu aggiunto il paliotto policromatico e guarnito d’oro. Il tempietto sovrastante (collocato sempre nel 1705) custodisce una statua in legno di gelso laminata in oro ed argento raffigurante San Michele dello scultore Giuseppe Maresca portata da Napoli il 28 maggio 1724 .

 

Notevole anche l’altare maggiore con un importante disegno di tarsia marmorea e madreperla ed un pulpito marmoreo a sinistra della navata realizzato nel 1778 da Vincenzo D’Adamo. Interessante il coro ligneo in noce. Vistosa la cantoria con un monumentale organo a canne collocato nel 1642 e modificato dalla ditta Amedeo Petrucci nel XIX secolo e ristrutturato nel 1969 dalla ditta Tamburini di Crema. Poi sono da menzionare due acquasantiere in marmo settecentesche ai due pilastri d’ingresso, sempre del maestro D’Adamo e risalenti al 1781, ed un fonte battesimale in marmo del 1766. Molto bella la sagrestia, posta a sinistra della chiesa, con ingresso dalla navata, e volta a botte, che rappresenta essa stessa una piccola meravigliosa cappella dove vi sono tre quadri importanti :

 

Le Scene della peste del 1656 del pittore carottese Giuseppe Castellano, la Madonna della neve della Scuola di Giovanni Bellini e San Tommaso che tocca il costato di Gesù di Pacecco De Rosa. Diverse sono le cappelle laterali di origine quasi tutte patronale. Nella navata di destra vi è la cappella dei marinai con una statua di Santa Maria di Trapani ed un altare, mentre in una nicchia marmorea dell’artista Vincenzo D’Adamo, vi è la statua di Sant’Antonino , poi la cappella Lauro con una tela raffigurante la Madonna del Carmine e San Francesco da Paola (attribuita alla scuola di Mattia Preti), inoltre v’è la cappella Maresca-Serracapriola con un dipinto raffigurante la Madonna con Bambino, San Francesco e Santo Stefano con il ritratto del donatore Stefano Maresca in abito cinquecentesco (attribuita all’artista Giacomo di Castro) e l’altare del 1606; la cappella dei Mastellone presenta una statua della vergine 

 

Addolorata e, sotto l’altare, una statua lignea di Cristo morto sull’altare vi è l’antica grata delle monache di clausura del convento di S. Maria della Misericordia; la cappella del Santissimo Rosario con un altare in marmo intarsiato del 1577 ed un quadro del 1747 di Francesco Solimena raffigurante la Madonna che porge il Rosario a San Domenico con quindici quadretti ovali che rappresentano i quindici misteri del Rosario, sostituiti agli originali rubati il 25 marzo 1979; infine vi è la Cappella Massa con un altare e balaustra del XV secolo e con un trittico trecentesco di Marco Pino da Siena del 1587 raffigurante la Crocifissione con Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Antonio Abate Qui, una lapide ricorda il beneficio di Pandolfo Massa del 1393 Da menzionare anche le statue lignee raffiguranti San Vincenzo Ferreri e Sant’Antonio da Padova. 

 

Nella navata di sinistra, troviamo invece la cappella Cota e Cafiero con pietra tombale del 1618 e con un quadro della Madonna del Soccorso tra nembi di angeli del pittore Fabrizio Santafede (XVI sec.) ; la cappella dell’Hecce Homo con un altare del settecento ed una scultura dell’Hecce Homo risalente al XVIII sec.; poi, la cappella del Sacro Cuore di Gesù (famiglia Cacace), poi, dopo l’ingresso della sagrestia, troviamo un’altra cappella dedicata alla Madonna delle Grazie (famiglia Ardia), altre due cappelle della famiglia Maresca con una tela di Ippolito Borghese raffigurante la Caccia di Sant’Eustachio, la prima, e con una tela di Giuseppe Cesari raffigurante la Deposizione di Cristo, la seconda. Presso il presbiterio, sulle pareti laterali vi sono due affreschi del 1872 del pittore Achille Jovine, raffiguranti la strage dell’esercito di Sennacherib (a destra) e la battaglia di San Michele contro Lucifero (a sinistra) 

 

 
L’ultimo abbellimento consistente alla chiesa e fortemente volute dal parroco
 Don Arturo Aiello, 
oggi vescovo di Teano-Calvi, è rappresentato dalla collocazione delle nuove preziose porte in bronzo all’ingresso centrale ed ai due ingressi laterali al posto delle vecchie porte in legno. Si tratta di una pregevole trilogia di bassorilievi bronzei del maestro Alessandro Romano con raffigurazione di Arcangeli, la Trinità, ed una miriade di personaggi e figure religiose che ne fanno davvero un’importante opera d’arte.